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Contraffazione
Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.
È configurabile il reato di cui all’art. 474 c.p. per condotte antecedenti all’entrata in vigore della L. 99/2009 relative alla contraffazione di prodotti non recanti l’indicazione del marchio? Cass. pen. n. 40394 del 30 settembre 2015.
La sentenza della Corte di Cassazione in commento rileva in particolare per due questioni: quella relativa all’autentica della sottoscrizione della procura speciale, nonché quella riguardante la configurabilità del reato di cui all’art. 474 c.p. per fatti commessi in data antecedente all’entrata in vigore della legge di riforma n. 99 del 23 luglio 2009.
La pronuncia del 30 settembre 2015, nel ritenere infondato il motivo di ricorso proposto dalla difesa dell’imputata G.R., ha affermato che “la procura speciale è soggetta alle regole dello Stato in cui viene rilasciata”.
La difesa di G.R. sottolineava come nell’autentica il notaio inglese avesse omesso di attestare che la sottoscrizione era stata apposta in sua presenza, ritenendo che – sebbene sia sufficiente l’apostille in luogo della legalizzazione consolare, come affermato dalla Corte di Appello di Bologna, respingendo l’eccezione sollevata nel giudizio di secondo grado – la procura debba essere conforme alla cd. lex fori, vale a dire alla legge del luogo in cui si svolge il processo.
Nel motivo di ricorso per Cassazione si evidenziava pertanto come fosse necessario il richiamo al codice civile (in mancanza di una disciplina del codice di procedura penale in ordine all’autenticazione delle firme), in particolare all’art. 2703 c.c., che richiede che la sottoscrizione sia apposta in presenza del pubblico ufficiale.
Di diverso avviso è invece la Suprema Corte,
la quale ritiene – conformemente a quanto già affermato nella sentenza Cass., sez. IV, n. 14413 del 18 febbraio 2009, dep. Il 1 aprile 2009, Rv. 243880 – che debba farsi riferimento alla cd. lex loci, e dunque alle regole dello Stato nel quale la procura speciale viene rilasciata, non occorrendone la legalizzazione, “essendo la stessa stata conferita a mezzo di notaio di un paese aderente alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961”, né la formalità della cd. “apostille”.
La seconda questione affrontata concerne il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi di cui all’art. 474 c.p. (nel caso di specie tuttavia prescritto), relativamente alla “ritenuta contraffazione del marchio per l’apposizione sui capi del fiore o del diamante usati da Louis Vuitton, senza la riproduzione della “LV” e dei colori scozzesi senza il cavaliere con la lancia del marchio Burberry”, nonché di personaggi di famosi cartoni animati, fatti accertati all’inizio del 2008.
Giova a tal proposito evidenziare che
nelle more è intervenuta la modifica dell’art. 474 c.p. ad opera della L. 99 del 23 luglio 2009, di recepimento della Direttiva 2008/95 del Parlamento e del Consiglio Europeo, la quale statuisce all’art. 2 che “possono costituire marchi d’impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente (…) a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.
Ritenevano inoltre “errata la mancata valutazione delle specifiche caratteristiche dei prodotti e delle modalità di commercializzazione rispetto alla capacità di ingannare”.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la doglianza, non già per mancato riconoscimento dell’irretroattività della norma penale sfavorevole ex art. 2 c.p., bensì sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidatosi prima dell’entrata in vigore della L. 99 del 23 luglio 2009, secondo il quale “non può dirsi estranea alla previsione di reato di cui all’art. 474 c.p., la condotta consistente nella produzione e messa in commercio di prodotti seriali riproducenti, ancorché in modo imperfetto e senza indicazione della sua denominazione, un personaggio di fantasia protetto da registrazione” (Cass. n. 27032 del 25 maggio 2004, dep. 16 giugno 2004, Rv. 229121).
Viene altresì posto in evidenza che il bene giuridico tutelato dal reato contestato all’imputata non sia la libera determinazione dell’acquirente, ma “la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio”.
Trattasi, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno (Cass., Sez. V, n. 5260 del 11 dicembre 2013, dep. 3 febbraio 2014, Rv. 258722).
Può dunque concludersi che già prima dell’entrata in vigore della L. 99/2009, la giurisprudenza di legittimità era orientata nel senso della configurabilità del reato di cui all’art. 474 c.p. a prescindere dalla circostanza che i prodotti contraffatti riportassero o meno la denominazione ovvero a prescindere dalla registrazione del marchio – data l’illiceità dell’uso senza giusto motivo di un marchio identico o simile ad altro notorio anteriore utilizzato per prodotti o servizi sia omogenei o identici, sia diversi – essendo “sufficiente e necessaria l’idoneità della falsificazione a ingenerare confusione”.
LA MASSIMA
- La procura speciale è soggetta alle regole dello Stato in cui viene rilasciata e, se conferita a mezzo di notaio di un paese aderente alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 non occorre la legalizzazione, né la formalità della cd. “apostille”.
- Il bene giuridico tutelato dal reato di cui all’ 474 c.p.non coincide con la libera determinazione dell’acquirente, bensì con “la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio”.Conseguentemente è configurabile il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi per condotte antecedenti alla data di entrata in vigore della L. 99/2009 relative alla contraffazione di prodotti anche privi della specifica indicazione del marchio, essendo “sufficiente e necessaria l’idoneità della falsificazione a ingenerare confusione”. Cass. pen. n. 40394 del 30 settembre 2015.