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Coronavirus: privacy e diritto all’oblio dei soggetti positivi

Il Garante per la protezione dei dati personali sta ricevendo segnalazioni e reclami con i quali viene lamentata, da parte dei famigliari, la diffusione sui social e sugli organi di stampa, anche on line, di dati personali eccessivi (nome, cognome, indirizzo di casa, dettagli clinici) riguardanti persone risultate positive al Covid 19”.

Così si legge nella comunicazione del Garante per la Privacy del 31 marzo 2020.

Anche in una situazione di emergenza quale quella attuale, in cui l’informazione è più che mai servizio indispensabile per la collettività, non possono tuttavia essere disattese le garanzie poste a tutela della riservatezza e della dignità delle persone colpite dal Coronavirus.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha richiamato a tal proposito le norme contenute nella normativa vigente e le regole deontologiche relative all’attività giornalistica, invitando tutti gli operatori dell’informazione al rispetto del requisito dell’”essenzialità” delle notizie che vengono fornite, astenendosi dal riportare i dati personali dei malati che non rivestono ruoli pubblici, per questi ultimi nella misura in cui la conoscenza della positività assuma rilievo in ragione del ruolo svolto.

In ogni caso devono essere evitati riferimenti particolareggiati alla situazione clinica delle persone affette dalla malattia, come prescrive l’articolo 10 citato codice deontologico, dedicato per l’appunto alla “Tutela della dignità delle persone malate”.

Art. 10 del codice deontologico dei giornalisti

“Il giornalista, nel far riferimento allo stato di salute di una determinata persona, identificata o identificabile, ne rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza e al decoro personale, specie nei casi di malattie gravi o terminali, e si astiene dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico.

La pubblicazione è ammessa nell’ambito del perseguimento dell’essenzialità dell’informazione e sempre nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica”.

È dunque evidente come tali cautele − che non pregiudicano comunque un’informazione efficace sullo stato dell’epidemia o eventuali comunicazioni che le autorità sanitarie e la protezione civile ritengano necessario fare sulla base della normativa emergenziale vigente − operino a prescindere dalla circostanza che i dati siano resi disponibili da enti o altri soggetti detentori dei dati medesimi.

Il rispetto di tali norme deve essere peraltro quello di salvaguardare la riservatezza e il “diritto all’oblio” dei numerosi soggetti risultati positivi al virus e successivamente guariti, per evitare che essi restino vittime di una “stigmatizzazione” permanente a causa della diffusione delle notizie sulla rete.

È bene ricordare – come ha opportunamente evidenziato il Garante per la Privacy – che l’obbligo di rispettare la dignità e la riservatezza dei malati vige non solo per i giornalisti ma anche per gli utenti dei social, a cominciare da alcuni amministratori locali, che spesso diffondono dati personali di persone decedute o contagiate senza valutarne interamente le conseguenze per gli interessati e per i loro familiari.

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