Il capo III del titolo VII del codice penale disciplina le falsità in atti.
I delitti contro la
fede pubblica tutelano sia il sentimento di fiducia che la collettività ripone in taluni oggetti o simboli, sia lo stato di certezza che riguarda questi ultimi, nella misura in cui rendono più affidabile il traffico giuridico ed economico.
La Suprema Corte li considera reati plurioffensivi, in quanto proteggono non solo l’interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche l’interesse del soggetto privato sulla cui sfera giuridica l’atto andrà concretamente ad incidere. Questi potrà infatti costituirsi parte civile nel processo penale per uno dei delitti contro la fede pubblica, in quanto persona offesa dallo stesso.
Le condotte sanzionate dalle falsità in atti hanno quale oggetto materiale un documento, da individuarsi in ogni scritto, anche a mezzo di un programma informatico, che sia riconducibile ad un autore e che contenga dichiarazioni di scienza o di volontà.
Le condotte dei delitti di falsità possono altresì ricadere su un atto pubblico, redatto da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, ai sensi dell’art. 2699 c.c.
I più rilevanti delitti di falsità in atti sono quelli di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 c.p.), in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 477 c.p.), in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti (art. 478 c.p.), falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.), in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.), falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità (art. 481 c.p.), falsità materiale commessa dal privato (art. 482 c.p.),falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico (art. 493 c.p.).
Del Capo III del titolo VII del codice penale facevano parte, sino al 6 febbraio 2016, i delitti di falsità in scrittura privata (art. 485 c.p.) e di Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato (art. 486 c.p.).
Il reato di falsità in scrittura privata, precedentemente previsto dall’art. 485 c.p., puniva, con la reclusione da sei mesi a tre anni, chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, formasse, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa o alterasse una scrittura privata vera, qualora ne facesse uso o lasciasse che altri ne facesse uso.
Il delitto di falsità in scrittura privata è stato abrogato dal recente d.lgs. n. 7/2016, attuativo della Legge delega n. 67/2014, e trasformato in illecito civile.
Il nuovo istituto dell’illecito civile comporterà, per l’autore della sottrazione, il pagamento di una sanzione civile nei confronti della Cassa delle ammende, oltre alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili.
L’art. 4 del d.lgs. n. 7/2016 prevede infatti al quarto comma che “Soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro duecento a euro dodicimila:
- a) chi, facendo uso o lasciando che altri faccia uso di una scrittura privata da lui falsamente formata o da lui alterata, arreca ad altri un danno. Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata”.
L’intervento di depenalizzazione ha dunque lasciato invariate le condotte sanzionate dall’abrogato art. 485 c.p., limitandosi introdurre la sanzione civile, lasciando sussistere il risarcimento del danno.
La medesima sanzione pecuniaria civile è prevista per le condotte che prima del 6 febbraio integravano il delitto di cui all’art. 486 c.p. (“[1] Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per un titolo che importi l’obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o fa scrivere un atto privato produttivo di effetti giuridici, diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, è punito, se del foglio faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni. [2] Si considera firmato in bianco il foglio in cui il sottoscrittore abbia lasciato bianco un qualsiasi spazio destinato a essere riempito.”).
Anche il delitto di falsità in foglio firmato in bianco, Atto privato è stato infatti abrogato dal recente d.lgs. n. 7/2016, attuativo della Legge delega n. 67/2014, e trasformato in illecito civile.
L’art. 2, co. 1, lett. a), del recente d.lgs. n. 7/2016, attuativo della Legge delega n. 67/2014, ha sostituito l’art. 488 c.p., disciplinante il reato di Altre falsità in foglio firmato in bianco. Applicabilità delle disposizioni sulle falsità materiali, con il seguente:
“Ai casi di falsità su un foglio firmato in bianco diversi da quelli preveduti dall’articolo 487 si applicano le disposizioni sulle falsità materiali in atti pubblici”.
L’art. 2, co. 1, ha altresì abrogato, alla lett. b), il secondo comma dell’art. 489 c.p. Rimane in vigore invece il primo comma del delitto di uso di atto falso, che punisce “chiunque, senza essere concorso nella falsità, fa uso di un atto falso”.
Il medesimo art. 2 ha inoltre abrogato il secondo comma dell’art. 490 c.p. (Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri) e sostituito il primo comma con il seguente: “Chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico vero o, al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, distrugge, sopprime od occulta un testamento olografo, una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri, soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477 e 482, secondo le distinzioni in essi contenute”.
Il d.lgs. n. 7/2016 ha pertanto eliminato la rilevanza penale delle condotte di falsità relative alle scritture private, limitando altresì la portata degli artt. 491-bis e 493-bis c.p.
Tuttavia è ancora reato la falsità in testamento olografo. L’art. 491 c.p., così come riformato dal d.lgs. 7/2015, prevede invero che: “Se alcuna delle falsità precedute dagli articoli precedenti riguarda un testamento olografo, ovvero una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore e il fatto è commesso al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, si applicano le pene rispettivamente stabilite nella prima parte dell’articolo 476 e nell’articolo 482. Nel caso di contraffazione o alterazione degli atti di cui al primo comma, chi ne fa uso, senza essere concorso nella falsità, soggiace alla pena stabilita nell’articolo 489 per l’uso di atto pubblico falso.”
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