Opposizione alla richiesta di archiviazione | studio legale avvocato Aduasio – Andria
Opposizione alla richiesta di archiviazione
Opposizione alla richiesta di archiviazione:
il G.I.P. è tenuto a valutarla anche se tardiva
Nota a sentenza Cass. penale, Sez. II, n. 34829 del 21 luglio 2016
Avv. Simona Aduasio
La questione oggetto della pronuncia della seconda sezione della Corte di Cassazione del 21 luglio 2016 attiene al diritto processuale penale e, in particolare, alla natura del termine per la proposizione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, nonché, conseguentemente, all’ammissibilità o meno di un’opposizione tardiva.
La richiesta di archiviazione
Come noto, qualora il Pubblico Ministero non intenda esercitare l’azione penale in quanto gli elementi raccolti siano inidonei a sostenere l’accusa in giudizio, dovrà formulare la richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 405, co. 1, c.p.p.
Il Pubblico Ministero avrà altresì cura di notificare l’avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa che abbia dichiarato di voler essere informata della stessa ex art. 408, co. 2, c.p.p.
Il termine per proporre opposizione alla richiesta di archiviazione
Secondo quanto disposto dal terzo comma dell’art. 408 c.p.p., nell’avviso della richiesta di archiviazione «è precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari».
Tuttavia l’art. 410 c.p.p., che disciplina l’opposizione alla richiesta di archiviazione, prevede che la persona offesa dal reato chieda «la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l’oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova», ma non prevede alcun termine per la presentazione della stessa, tantomeno a pena di inammissibilità.
Il caso esaminato dalla sentenza che si annota riguarda per l’appunto la proposizione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione oltre il termine di 10 giorni dalla notifica del relativo avviso.
Il G.I.P. del Tribunale di Udine aveva invero disposto l’archiviazione del procedimento penale «perché l’opposizione era stata proposta dopo il decorso del termine di dieci giorni ex art. 408/3 cod. proc. pen.».
La persona offesa, vistasi privata del diritto di proporre opposizione, ricorreva per Cassazione deducendo l’erroneità del decreto di archiviazione pronunciato de plano dal G.I.P.
La sentenza oggetto della presente disamina, accogliendo il motivo di ricorso, si pone sulla stessa linea d’onda dell’orientamento ormai prevalente in tema di opposizione alla richiesta di archiviazione.
La natura del termine per proporre opposizione
Il nocciolo della questione è invero da individuare nella natura del termine di 10 giorni di cui all’art. 408, co. 3, c.p.p.: qualora si ritenesse di natura perentoria, dovrebbe concludersi per l’inammissibilità dell’opposizione tardiva; aderendo invece alla qualificazione quale termine ordinatorio, dovrebbe ammettersi anche l’opposizione pervenuta oltre i dieci giorni previsti ex art. 408, co. 3, c.p.p.
All’orientamento minoritario (sez. VI, n. 4147 del 14 novembre 1995; sez. VI, n. 1574 del 29 marzo 2000; sez. VI, n. 38944 del 18 settembre 2003) che ritiene infatti detto termine perentorio, si contrappone quello maggioritario, condiviso dalla pronuncia in commento, secondo il quale il termine per la proposizione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione è da considerarsi ordinatorio per due motivi.
La prima ragione, di ordine letterale, trova il suo fondamento nell’art. 173, co. 1, c.p.p., secondo il quale «i termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge». Conseguentemente, in mancanza di espressa previsione normativa il termine di cui all’art. 408, co. 3, c.p.p. non può essere considerato stabilito a pena di decadenza, come altresì chiarito dal disposto dell’art. 126 disp. att. c.p.p., che attribuisce a siffatta prescrizione temporale effetti dilatori per il P.M. e per il G.I.P., vincolandoli ad osservarne la scadenza, rispettivamente, prima di trasmettere gli atti e prima di disporre l’archiviazione. Per la persona offesa, «il suddetto termine ha carattere acceleratorio, in quanto, se adempiuto, assicura efficacia all’opposizione, la quale altrimenti sarebbe esposta al rischio di pervenire alla cognizione del giudice a procedimento già definito» (Cass., sez. VI, n. 6475 del 22 ottobre 2003).
Il secondo argomento, di ordine sistematico, si rinviene a contrario dalla normativa in materia di impugnazioni. Escluso in modo pacifico che l’opposizione alla richiesta di archiviazione rientri nel genus delle impugnazioni – trattandosi di atto diretto non contro un provvedimento del giudice, bensì contro una richiesta del Pubblico Ministero – non potrebbe considerarsi perentorio il termine di 10 giorni di cui all’art. 408, co. 3, c.p.p.
La facoltà per la persona offesa di proporre opposizione costituisce invece esercizio del contraddittorio, alla luce del ruolo di “soggetto” attribuitole dal codice di procedura penale del 1988.
La pronuncia de qua rimarca infatti tale ultima considerazione, tralasciando le precedenti argomentazioni, esposte invece dalla seconda sezione della Cassazione con la sentenza n. 15888 dell’8 maggio 2006.
La decisione della Corte di Cassazione del 21 luglio 2016
Ribadisce invero la Corte di Cassazione del 2016 il principio di diritto secondo il quale «l’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione proposta oltre il termine di dieci giorni dalla notificazione dell’avviso della richiesta non ne determina l’inammissibilità e non esonera, quindi, il giudice che nel frattempo non abbia già provveduto, dal valutarla» (ex plurimis: Cass., sez. V, n. 19073 del 19 maggio 2010).
La dichiarazione di inammissibilità dell’opposizione tardiva da parte del G.I.P. costituisce pertanto «una violazione del principio del contraddittorio, in quanto impedisce il diritto di intervento della persona offesa, ed è legittimamente denunciabile con ricorso per cassazione».
Avv. Simona Aduasio